
DESIDERIO: La voce dell'anima
DESIDERIO: La voce dell'anima
L'ALBUM:
Durante i mesi sospesi della pandemia, il silenzio si è fatto spazio e possibilità. In un tempo rarefatto, lontano da ogni contatto umano, Davide Santacolomba ha potuto finalmente ascoltare ciò che da tempo premeva dentro: la necessità di scrivere.
Solo, con un pianoforte a coda e la natura attorno, immerso in un silenzio forzato ma fecondo, Davide Santacolomba ha dato forma a un ciclo musicale nato da un’urgenza emotiva e visionaria: raccontare il mondo interiore attraverso immagini sonore. Ogni brano è una scena, una piccola storia senza parole, affidata soltanto al linguaggio del pianoforte.
È una musica narrativa contemporanea, in equilibrio tra lirismo, minimalismo emotivo, suggestione cinematografica e impulso spirituale.
Tra marzo e maggio, durante il lockdown, ha composto otto brani raccolti sotto il titolo:
Desiderio – La voce dell’anima.
Uno di essi, Profectio, è scritto per pianoforte, ensemble d’archi e coro.
Il titolo nasce da uno dei brani dell’album, che ne sintetizza anche l’anima profonda. Il desiderio — vero motore espressivo dell’intero ciclo — è il filo invisibile che unisce ogni composizione: il desiderio di salvezza (Emergency), di ritorno ai luoghi dell’anima (Mare Dentro), di evasione (Valzer della Noia), di un contatto profondo con chi non c’è più (Verso te), di libertà (Freedom Song), di un altrove possibile (Carovana nel deserto), di pace eterna (Profectio).
E al centro di tutto, il brano Desiderio stesso: pura espressione di tensione verso qualcosa di altro, di più grande, che resta forse irraggiungibile ma ineludibile. È un anelito che non si risolve, ma che dà senso al movimento.
Il desiderio, in questo senso, non è solo un sentimento, ma una direzione: qualcosa che chiama, che sospinge oltre il presente, verso un altrove emotivo o spirituale.
Tutte le composizioni sono attraversate da oscillazioni, che si manifestano anzitutto sul piano musicale, come un continuo alternarsi di momenti distesi e momenti tesi. A questo livello sonoro si intrecciano anche oscillazioni narrative ed esistenziali: un fluire tra opposti emotivi — tensione e distensione, sogno e realtà, presenza e assenza, oppressione e libertà.
Queste stesse oscillazioni riflettono anche la personalità del compositore: ora calma, ora irrequieta — e non necessariamente in senso negativo.
Attraverso il pianoforte viene raccontato un viaggio dell’anima, fatto di piccole liberazioni quotidiane, di tensioni che si sciolgono e di desideri che ancora si proiettano in avanti.
Scorri giù per la presentazioni dei singoli brani.
Durante i mesi sospesi della pandemia, il silenzio si è fatto spazio e possibilità. In un tempo rarefatto, lontano da ogni contatto umano, Davide Santacolomba ha potuto finalmente ascoltare ciò che da tempo premeva dentro: la necessità di scrivere.
Solo, con un pianoforte a coda e la natura attorno, immerso in un silenzio forzato ma fecondo, Davide Santacolomba ha dato forma a un ciclo musicale nato da un’urgenza emotiva e visionaria: raccontare il mondo interiore attraverso immagini sonore. Ogni brano è una scena, una piccola storia senza parole, affidata soltanto al linguaggio del pianoforte.
È una musica narrativa contemporanea, in equilibrio tra lirismo, minimalismo emotivo, suggestione cinematografica e impulso spirituale.
Tra marzo e maggio, durante il lockdown, ha composto otto brani raccolti sotto il titolo:
Desiderio – La voce dell’anima.
Il titolo nasce da uno dei brani dell’album, che ne sintetizza anche l’anima profonda. Il desiderio — vero motore espressivo dell’intero ciclo — è il filo invisibile che unisce ogni composizione: il desiderio di salvezza (Emergency), di ritorno ai luoghi dell’anima (Mare Dentro), di evasione (Valzer della Noia), di un contatto profondo con chi non c’è più (Verso te), di libertà (Freedom Song), di un altrove possibile (Carovana nel deserto), di pace eterna (Profectio).
E al centro di tutto, il brano Desiderio stesso: pura espressione di tensione verso qualcosa di altro, di più grande, che resta forse irraggiungibile ma ineludibile. È un anelito che non si risolve, ma che dà senso al movimento.
Il desiderio, in questo senso, non è solo un sentimento, ma una direzione: qualcosa che chiama, che sospinge oltre il presente, verso un altrove emotivo o spirituale.
Tutte le composizioni sono attraversate da oscillazioni, che si manifestano anzitutto sul piano musicale, come un continuo alternarsi di momenti distesi e momenti tesi. A questo livello sonoro si intrecciano anche oscillazioni narrative ed esistenziali: un fluire tra opposti emotivi — tensione e distensione, sogno e realtà, presenza e assenza, oppressione e libertà.
Queste stesse oscillazioni riflettono anche la personalità del compositore: ora calma, ora irrequieta — e non necessariamente in senso negativo.
Attraverso il pianoforte viene raccontato un viaggio dell’anima, fatto di piccole liberazioni quotidiane, di tensioni che si sciolgono e di desideri che ancora si proiettano in avanti.
Scorri giù per la presentazioni dei singoli brani.

EMERGENCY
Questo brano rappresenta l’inizio del percorso creativo. La sua ispirazione nasce dalla forza di alcune immagini profondamente toccanti: gli incendi in Australia e i koala, spinti a fuggire dalle fiamme, al punto da diventare funzionalmente estinti. A questo si sono aggiunti i costanti servizi trasmessi dai telegiornali sul dramma della pandemia, tra ricoveri e perdite.
Emergency è un appello sonoro, un invito a riflettere su tutte quelle forme di emergenza — visibili o silenziose — che attraversano ogni giorno la vita del nostro pianeta.
Tra la fragilità e il bisogno di rifugio, emerge con forza la speranza di uscire dal dolore, la lotta contro l’ingiustizia, il bisogno di credere che qualcosa possa ancora cambiare, che un nuovo inizio sia possibile: il desiderio di salvezza, appunto.
Per tale ragione, viene ricordato il dovere di tendere una mano, di offrire il proprio aiuto, anche nel proprio piccolo, verso chi vive in difficoltà, anche quando non si è direttamente coinvolti.
MARE DENTRO
“Dentro”, sì, perché durante il lockdown a Como, l’unico modo per ritrovare l’amato mare di Palermo era attraverso la musica. Viene immaginato con nostalgia, portando alla mente quella sensazione unica di pace e tranquillità che solo il mare sa dare.
Ad un certo punto del brano, l’immagine diventa così vivida da indurre quasi nell’illusione di starlo vedendo coi propri occhi davvero, come se si fosse lì, sulla sua riva. Ma questa parentesi illusoria è destinata a durare poco. La consapevolezza della realtà irrompe, trasformando quell’immagine di calma in un mare agitato, irrequieto, quasi in tempesta.
Tuttavia, anche nella sua furia, il mare non perde mai la sua energia positiva, quella forza vitale che sa ispirare. E così, la tempesta si placa. Alla fine, tutto torna a essere un ricordo nostalgico: un mare immaginato, vissuto dentro, ma sempre profondamente amato.
Mare Dentro è un viaggio tra sogno e realtà, in cui affiora la speranza di rivedere il proprio mare, il desiderio di un ritorno ai luoghi dell’anima: il viaggio verso la propria radice più profonda.
VALZER DELLA NOIA
Nel lento trascorrere dei giorni durante la pandemia, quando la monotonia si faceva sempre più densa e il desiderio di libertà si acuiva, si affacciava prepotente il bisogno di evasione, di leggerezza.
Da questo stato d’animo nasce Valzer della Noia: un valzer ironico, paradossale, che nel suo incedere danzante cela un’anima malinconica, quasi struggente.
Un’immagine di un ballo che dovrebbe essere gioioso ma che si tinge invece di malinconia.
L’apparente allegria della danza viene subito incrinata: la melodia iniziale, dopo la sua presentazione, ritorna con variazioni, accompagnata da una sinistra inquieta, febbrile, che si agita come a voler spezzare le catene dell’immobilità interiore. È un dimenarsi simbolico, la voce di un’anima che anela alla liberazione.
Progressivamente, questo impulso si fa sempre più impellente, al punto da deformare i tratti stessi del valzer: pur mantenendo la misura ternaria, il ritmo e la melodia iniziali si trasfigurano, scanditi da accordi ribattuti che evocano il suono di un treno in corsa—un viaggio immaginario verso una meta indefinita, ma necessaria, un altrove salvifico.
È in questo slancio che il brano approda in una tonalità maggiore, in una melodia ora solare, energica, quasi sorridente, come se avesse finalmente trovato respiro. Lo spirito, liberato dalla stasi e dalla grigia apatia, si manifesta in tutta la sua vitalità.
Ma il viaggio musicale non si arresta: emerge una nuova melodia, ancora più travolgente, che si intreccia con la precedente in un abbraccio polifonico. La mano sinistra prende in consegna la melodia già nota, mentre la destra intona la nuova: due voci che si rincorrono, si fondono, si amano. È il culmine emotivo del brano, un apice lirico e pulsante.
Poi, come ogni vertice raggiunto, anche questo si dissolve. Tutto si placa, e il valzer iniziale ritorna, ma trasfigurato: la tonalità ora è maggiore, il carattere più sereno. È il segno che lo spirito, pur partito dalla noia, ha trovato la sua via d’uscita, e adesso danza con consapevole leggerezza.
DESIDERIO
Un brano dedicato a tutti coloro che custodiscono desideri in attesa di essere esauditi.
Desideri di ogni tipo: amore, realizzazione, passione, felicità, libertà, pace, o semplicemente un momento di tranquillità. Quel genere di desiderio che fa volare sopra le nuvole con l’immaginazione e che, anche solo al pensiero, riesce a illuminare dentro.
Desiderio non è solo uno dei brani del ciclo, ma ne rappresenta l’anima profonda.
Sebbene Emergency sia stato il primo brano a nascere, Desiderio è il nucleo generativo da cui tutto si origina e a cui tutto ritorna. Il motore emotivo e creativo dell’intero album, la tensione costante che attraversa ogni pagina musicale.
“Desiderio” è il bisogno di anelare, di tendere verso qualcosa che ancora non si possiede.
Un cammino sospeso tra sogno e conquista, tra delicatezza e impeto.
Le sensazioni di leggerezza e speranza attraversano tutto il brano, emergendo in particolare nella parte centrale. Tuttavia, convivono in contrasto con un’altra emozione: quella struggente tensione verso il coronamento del proprio sogno, un desiderio che diventa quasi un bisogno viscerale. È una lotta interiore, una sfida che si percepisce nella musica, come un grido di preghiera che spinge sempre più in alto.
E proprio come una preghiera, questa tensione si placa gradualmente, lasciando spazio a una sensazione di quiete e riflessione. Desiderio è, in fondo, un viaggio verso ciò che si anela, un percorso fatto di luce, forza e speranza.
VERSO TE
Un brano nato dal desiderio struggente di riallacciare un legame con chi non è più vicino.
È un viaggio musicale tra presenza e assenza, tra terra e cielo, animato dalla speranza di un contatto che vada oltre la materia.
Quando si perde qualcuno di importante, si cerca spesso un segno, una coincidenza, qualcosa che faccia sentire che quella persona, in qualche modo, è ancora accanto a noi.
Verso te racconta proprio questa ricerca: un cammino interiore verso l’aldilà, un dialogo invisibile ma necessario.
La musica segue questa ascesa con un crescendo progressivo e un innalzamento costante del registro, come se ogni nota si sollevasse verso qualcosa che sta oltre, simboleggiando un’elevazione sia fisica che spirituale.
FREEDOM SONG
E’ un inno personale alla libertà.
Un viaggio sonoro in cui si alternano momenti di oppressione e slanci di emancipazione.
Questo pezzo è più articolato rispetto agli altri, poiché si sviluppa in quattro episodi distinti, seguiti dalla ripresa del motivo iniziale. Gli episodi sembrano scollegati tra loro, senza soluzione di continuità, ed è proprio questa particolarità che porta a descrivere il brano come un vero e proprio flusso di pensieri.
È un flusso libero, spontaneo, che si traduce immediatamente in musica, un po’ come accade nella musica a programma: una forma che non segue una struttura rigida, ma si evolve e si trasforma assecondando le emozioni e i pensieri del compositore.
Il brano nasce a maggio, quando cominciava a percepirsi il sapore della libertà grazie alla fine del primo lockdown.
Tutto ha inizio con un canto immaginario, che nella mente dell’autore è un canto antico. È il canto di una madre che lo intona al suo bambino prima di farlo addormentare, come un ricordo nostalgico del valore della libertà, che in quel momento sembra mancare ed essere irraggiungibile.
Questo episodio iniziale viene bruscamente interrotto da un impeto di energia: la fuga del bambino verso la libertà. In questa fuga, allegoria del viaggio verso la crescita personale, il bambino si perde tra le meraviglie della natura. Scopre il sole, il cielo, gli alberi, i ruscelli e tutto ciò che invita a respirare a pieni polmoni e a sorridere.
Nel corso del brano, il bambino continua la sua corsa, affrontando lotte e sfide, finché, ormai adulto, emerge la sua personalità, la sua forza, e persino la sua ira.
Giunta la notte, l’uomo, che un tempo era quel bambino, alza gli occhi al cielo e vede una luna meravigliosamente bella e luminosa. In quel momento, nella sua mente riaffiora l’antico canto tramandato dalla madre. Questa volta decide di rivolgerlo proprio alla luna, come una preghiera e un segno di speranza: la speranza che quella libertà, tanto cercata e desiderata, possa finalmente arrivare.
CAROVANA NEL DESERTO
Un brano ispirato dalla forza creativa e visionaria di Michel Petrucciani, è forse il momento più “libero” dell’intero ciclo. Una libertà che non è evasione, ma movimento continuo alla ricerca di un altrove, una meta, una direzione – anche nella confusione più totale, come specchio fedele dello stato d’animo vissuto durante la pandemia.
Il pezzo si apre con arpeggi lenti, dalle armonie strane e confuse, che suggeriscono un paesaggio arido e privo di coordinate. Su queste armonie si innesta una melodia dai tratti mediorientali, lontana e nostalgica, come una carovana che avanza tra le sabbie del deserto, in una terra lontana e spoglia, al limite del mondo abitato.
Dopo una breve coda ascendente che si dissolve, il brano cambia volto: il ritmo si fa incalzante, agitato, trainato da un basso ostinato (una citazione diretta dal Caravan di Petrucciani). La melodia ritorna, trasfigurata e ripetitiva, quasi claustrofobica, a evocare un moto circolare, senza meta. Si va avanti e indietro, si devia, si ritorna — ma non si approda.
La melodia originaria, con lo stesso respiro ampio dell’inizio, riaffiora e si espande in un percorso che evolve come un’improvvisazione, fino a toccare un climax tanto dinamico quanto emotivo.
Ma la tensione si spegne. Ritorna il tempo lento, con arpeggi disidratati e spaesati: il paesaggio è di nuovo straniante, desertico. Ma non è una semplice ripetizione: è un deserto interiore. La speranza non ha ancora trovato casa.
Eppure, proprio nel momento più fragile, la musica sorprende: un finale folle, energico, rocambolesco, come un ultimo grido vitale. Una liberazione.
PROFECTIO
Brano conclusivo dell’intero ciclo, composto interamente con una tastiera MIDI e un computer, Profectio — dal latino “partenza” — non è una partenza qualunque: è il viaggio di un’anima verso l’aldilà. Un viaggio che esiste da sempre e sempre esisterà. Ho scelto il latino, lingua eterna, per dare voce a un tema universale e senza tempo.
La composizione è scritta per pianoforte, violoncello solista, coro, ensemble d’archi e synth.
Si apre con un arpeggio ostinato del pianoforte, che richiama il ritmo di un treno in partenza: un motivo che ritorna e si trasforma, accompagnando l’intero percorso. Subito dopo entra in scena la melodia, simbolo della voce dell’anima.
La seconda sezione immerge nel pieno del viaggio: il ritmo si intensifica, i suoni si animano, i timbri si accendono — evocando il fermento e la densità del cammino interiore.
La terza parte è il cuore emotivo dell’opera: la voce dell’anima si espande, diventa piena, consapevole. Ho voluto affidare questa intensità al coro, che con la sua coralità dà corpo a una presenza crescente, vibrante.
Infine, il brano si spegne dolcemente, in un’atmosfera sospesa, come a suggerire l’arrivo, la fine del viaggio.
Profectio è una composizione che ho scritto e dedicato a mio padre, venuto a mancare nell’ottobre del 2020. A lui è rivolta ogni nota, ogni respiro musicale di questo brano e dell’intero album.